Adele Geja, redattrice di Digi.to, ha intervistato il nostro Direttore Francesco Biasi per Arma VirumQue!

L’articolo è consultabile online sulla pagina di Digi.to (qui).

[Si riporta integralmente l’intervento]

ArmaVirumQue, un nuovo punto di vista sulla storia militare

Abbiamo intervistato il giovane direttore di una rivista universitaria che punta a rilanciare in modo innovativo gli studi sulle guerre

Adele Geja

La Redazione di Arma VirumQue

Studiare i conflitti tra popoli come fatto umano e indagare in modo scientifico tutte le implicazioni sociali a essi collegati nelle varie epoche storiche, aprendosi anche al pubblico extra accademico. È questo lo scopo di ArmaVirumQue, rivista universitaria fondata da un gruppo di studenti del Dipartimento di Studi Storici dell’Università di Torino, che hanno messo in pratica la loro passione per la ricerca e la divulgazione.
La pubblicazione, che gode del sostegno della Società Italiana di Storia Militare, ha l’obiettivo di creare un network di esperti e appassionati per ridare vita a una disciplina quasi mai affrontata negli atenei italiani.
Per capire meglio come e perché è nata questa iniziativa abbiamo intervistato Francesco Biasi, 23 anni, studente di Scienze Storiche, fondatore e direttore della rivista.

Perché parlare di storia militare?
«A differenza di quanto comunemente si pensi, questa disciplina non si esaurisce in una sterile conoscenza erudita dei nomi dei reggimenti sui campi di battaglia o della tipologia di armi utilizzate da un certo esercito, né in uno studio apologetico e militaristico dei conflitti. Si fonda infatti su un approccio interdisciplinare alla guerra come fatto umano e sociale, che coinvolge tutti i campi e le epoche della ricerca storica e accoglie i contributi di molte altre materie, come politica, economia, sociologia, diritto, ma anche storia della scienza e della tecnologia, arte, letteratura e filosofia. Il verso di Virgilio scelto come titolo della rivista esprime bene la sua duplice natura, ovvero le armi e gli uomini: dallo studio tecnico della fattura dei mezzi bellici all’indagine psicologica del singolo soldato in battaglia».

All’estero questi studi sono più diffusi?
«Sì, in particolare nel mondo anglofono ci sono interi dipartimenti dedicati allo studio della storia militare, mentre in Italia gli studi e le cattedre sono venuti meno, lasciando un vuoto storiografico riempito negli anni da pubblicazioni di scarso valore scientifico o da studi dello Stato Maggiore dell’Esercito, che spesso risentono della mancanza di una formazione storica accademica. Con il nostro progetto vorremmo far rivivere uno studio apolitico e imparziale dei conflitti, che possa influire positivamente su quegli stereotipi negativi che ammantano troppo spesso quest’ambito di ricerca».

Com’è nata l’idea della rivista?
«Dopo una breve esperienza all’interno di Ars Militaris, società padovana di storia e cultura militare, nel settembre 2020 ho pensato per la prima volta di far partire un progetto simile anche a Torino, con l’obiettivo di reintrodurre nel dibattito accademico e divulgativo la storia militare. L’idea ha preso forma durante l’autunno 2020, quando ho coinvolto alcuni amici e compagni di corso con cui ho lavorato alla fondazione della rivista, impiegando in modo costruttivo le tante ore chiusi in casa per via del lockdown».

Dopo come si è sviluppato il progetto?
«Inizialmente ci siamo concentrati sulla pubblicazione del primo numero della rivista, in formato digitale e cartaceo, con alcuni articoli frutto di ricerche dei membri della redazione, che affrontano svariati episodi o fenomeni bellici, spaziando dalla storia antica a quella contemporanea. Benché ci sia ancora molto da migliorare, tutte le nostre pubblicazioni seguono i criteri della ricerca accademica affinché la nostra opera, se pur spesso divulgativa, possa avere un peso scientifico riconoscibile. Per farci conoscere anche al di fuori del contesto universitario abbiamo creato il sito, dove pubblichiamo i numeri della rivista in formato pdf, insieme a materiali di approfondimento e news su eventi e conferenze. Grazie all’apertura delle nostre pagine social su Instagram e Facebook la redazione si è allargata a studenti, laureati e dottorandi provenienti da altri atenei italiani o stranieri».

Quali sono i traguardi più importanti raggiunti in questi mesi?
«Abbiamo pubblicato il secondo numero della rivista, migliorato il sito, le pagine social e la veste grafica, con un taglio snello e giovanile. Grazie all’ospitalità del Club Scherma Torino abbiamo organizzato a settembre un convegno di tre giorni con gli amici del gruppo di Bologna Casus Belli e la partecipazione di Virgilio Ilari, presidente della Società Italiana di Storia Militare, per discutere delle attuali prospettive di studio e ricerca della storia militare. Infine, in collaborazione con l’Associazione di Storia Contemporanea del professor Marco Severini dell’Università di Macerata, siamo stati al Salone del Libro dove abbiamo esposto al pubblico le copie cartacee dei nostri lavori e le nostre attività».

Quali sono i vostri progetti futuri?
«Obiettivo principale è concludere la nostra raccolta fondi per poter registrare la rivista presso il Tribunale di Torino, diventando un periodico a tutti gli effetti. Stiamo vagliando inoltre l’opportunità di riunirci sotto qualche forma associativa e di fondare un centro culturale di dibattito e divulgazione storica. Crediamo infatti che gli storici dovrebbero aprirsi maggiormente al pubblico non universitario, uscendo dall’erudizione accademica e coinvolgendo in modo inclusivo i cittadini in progetti di divulgazione ed educazione civica».